“Ogni messaggio che riceviamo ci impone la visione del mondo di chi comunica il messaggio” (Roberto Faenza)

Nella fotografia di natura e di reportage geografico spesso si tende a concentrarsi sulla wilderness, a deviare e falsare la comunicazione mostrando il selvaggio e il naturale che non esiste, se non nei nostri sogni.  La quasi totalità delle fotografie naturalistiche e geografiche sono spudoratamente fasulle, eliminiamo dall’inquadratura ogni segno di antropizzazione, spesso  fotografiamo ambienti incontaminati che sono incontaminati solo nei nostri desideri. Spostiamo rifiuti, eliminiamo ciminiere dagli sfondi alzando il punto di vista, ci sforziamo di eliminare il traliccio elettrico dal paesaggio per mostrare il “paesaggio che vorremmo” piuttosto del paesaggio del “reale”.

La fotografia naturalistica è ormai fotografia merceologica – propagandistica pura,  spesso spacciamo un ambiente che non esiste: uccellini felici resi felici dalla post produzione, linci selvagge, selvagge? dietro le recinzioni ma senza le recinzioni… paesaggi incontaminati ben decontaminati dall’uso sapiente dell’inquadratura.  La fotografia naturalistica italiana come linguaggio si è nutrita alla scuola della mediocrità dei concorsi e delle riviste specializzate, che è il modo migliore per non capirci nulla! “La fotografia, quest’invenzione mirabile alla quale hanno collaborato i cervelli più straordinari, che affascina le menti più fantasiose, e la cui effettuazione è alla portata dell’ultimo degli imbecilli” (Ugo Mulas) trova nel genere naturalistico un  terreno molto fertile a questi ultimi. Annoiato da questo calderone di immagini servili ho giocato per un giorno al fotografo di strada, in uno degli ambienti più facili, usati ed abusati: la metropolitana.

Sulla strada quello che conta è non cadere nella mistificazione. La strada è fotografia anarchica, è “il vero” mentre accade. E’ la gente comune, è la storia scritta con la luce dai non vincitori, è la fotografia dei non cerimoniali. Sulla strada il fotografo saccheggia e fissa una realtà, attraverso la macchina fotografica, fissando un istante che esprime la menzogna della realtà stessa.

Propaganda politica, dottrina religiosa, potere, vengono sbeffeggiati dalla strada; cortili, vicoli, metropolitane, periferie, ma anche centri storici, dovunque si possa cogliere l’uomo al di fuori della messa in scena mediatica si può cogliere l’uomo stesso e ritrovare in un istante fissato nel tempo l’amore dell’uomo per l’uomo. Quando la fotografia naturalistica si sbarazzerà dei falsi critici che invece di lavorare per lo sviluppo delle conoscenze lavorano per quattro soldi, delle idiozie gridate dalle fogne dei mercanti che dimenticano sempre che l’oggettività è il pane qutidiano dei cretini avremo una fotografia naturalistica nuova, una fotografia di natura che esprime l’amore della natura.

(F.L. ispirato da: Contro la fotografia della società e dello spettacolo di Pino Bertelli)